Tra le novità l’introduzione del co.co.co, i nuovi criteri di tassazione e la norma sui volontari. Il nostro approfondimento

Nonostante le diverse critiche ricevute, la Riforma dello sport - varata dal decreto legislativo n. 36 del 2021 (attuativo dell'articolo 5 della legge n. 89 del 2019) come modificato dal d.lgs. 163/2022 – è entrata in vigore dal 1° luglio anche per quanto riguarda la parte trattano il tema del lavoro sportivo, dopo il rinvio effettuato sul finire del 2022 dal Decreto Milleproroghe emanato dall’attuale Governo (decreto-legge n. 198/2022). Sono dunque tante le novità per associazioni e società sportive dilettantistiche.

Riforma dello sport, la definizione di lavoratore sportivo

Le disposizioni in questione hanno l’obiettivo di introdurre delle tutele nei confronti dei lavoratori sportivi, cercando di contemperarle con le esigenze di sostenibilità di società e associazioni sportive, sia dal punto di vista della riduzione degli adempimenti burocratici, sia da quello strettamente riguardante i costi. La riforma si cala in una realtà che presenta molte zone grigie, e che ha proprio l’obiettivo di ridurre o eliminare queste ultime. In particolare, viene delineata una definizione di lavoratore sportivo che comprende ogni tesserato che svolge, a fronte di un corrispettivo e indipendentemente dal carattere professionistico o dilettantistico del settore, le mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva sulla base dei regolamenti tecnici dei singoli enti, fatte salve le mansioni di carattere amministrativo-gestionale. 

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Riforma dello sport, la normativa che riguarda i volontari

Fuori da questa categoria ci sono i volontari, la cui figura si caratterizza per alcuni tratti essenziali: spontaneità della prestazione, assenza di fine di lucro, fine di solidarietà e gratuità della prestazione. La gestione del volontariato prevede comunque la stipula di una specifica polizza assicurativa e la corresponsione di premi e compensi occasionali. Detti compensi sono esclusi dal reddito per un importo non superiore nell’anno di imposta a 10mila euro, così come sono escluse dalla formazione del reddito del percettore i rimborsi di spese documentate per vitto, alloggio e viaggio; a tal proposito è sufficiente una autocertificazione purché non si superi l'importo di 150 euro mensili.

Riforma dello sport: i nuovi criteri di tassazione dei compensi degli sportivi dilettanti

Sono due i cardini del nuovo impianto normativo. Il primo è la rivoluzione dei criteri di tassazione dei compensi percepiti dagli sportivi dilettanti nell'ottica di estendere loro le tutele previdenziali e assistenziali proprie del mercato del lavoro non sportivo. La maggioranza dei lavori del comparto sportivo faceva fin qui riferimento all’articolo 67 del Tuir, quindi ai cosiddetti «redditi diversi», per cui i soggetti che percepiscono compensi inferiori ai diecimila euro annui non erano tenuti a pagare Irpef e contributi e non dovevano presentare dichiarazione dei redditi. Il nuovo impianto prevede invece che sotto ai 5 mila euro rimarrà l'esenzione totale degli obblighi fiscali e contributivi (anche se rimane aperta la questione Inail); tra i 5 mila e i 15 mila saranno dovuti solo i contributi Inps e sopra i 15 mila euro sia Irpef che Inps.

Riforma dello sport: l’introduzione del co.co.co

Il secondo cardine è l’introduzione del co.co.co accanto alle figure del lavoratore subordinato e del lavoratore autonomo (con partita Iva oppure occasionale); il decreto fissa un numero di 24 ore settimanali al di sotto del quale si possono instaurare contratti di questo tipo (la prima versione del decreto ne prevedeva 18). Oltre all'Irpef, quindi, il dilettantismo dovrà confrontarsi anche con gli obblighi previdenziali, con l'aliquota fissa per le co.co.co fissata al 25%. Su questo punto, però, c'è un'agevolazione, visto che fino al 31 dicembre 2027 è prevista una decontribuzione del 50%. In ogni caso, collaboratori coordinati e continuativi hanno diritto all’assicurazione previdenziale ed assistenziale, di cui in precedenza erano privi, a differenza di quanto accade tuttora negli altri settori lavorativi. 

Riforma dello sport: l’adeguamento degli statuti delle associazioni e società sportive

Da non dimenticare c’è il fatto che, come effetto dell’entrata in vigore della riforma dello sport, tutte le ASD e SSD dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni per non rischiare di essere cancellate dal RAS e perdere, di conseguenza, molte delle agevolazioni legate allo status di ente sportivo dilettantistico. In particolare, alla luce delle nuove norme, viene richiesto che le ASD o SSD, in via stabile e principale, organizzino e gestiscano attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica; ma c’è la possibilità di svolgere attività secondarie e strumentali diverse da quelle principali, che in difetto di previsione statutaria non potranno quindi essere esercitate (art. 9), salvo che per gli enti del terzo settore sportivo-dilettantistici. Per questi ultimi, sulla base della doppia qualifica ottenuta con doppia iscrizione ai rispettivi registri, è possibile svolgere sia attività sportiva dilettantistica sia altre attività di interesse generale senza doversi occupare della prevalenza di una o dell’altra attività che verranno tutte considerate come principali.

Si può parlare di rivoluzione, ma i cambiamenti non sono stati accolti con grande entusiasmo da una parte consistente del movimento. Il 1° luglio rappresenta una data importante, ma il Ministro dello Sport Andrea Abodi e il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone hanno annunciato un ulteriore decreto correttivo e si sono detti aperti ad eventuali proposte migliorative della legge che dovessero palesarsi nel corso della sua applicazione.